Con un’interrogazione a risposta scritta (atto Camera dei Deputati n. 4-00363) abbiamo chiesto al Ministro dell’Interno di convocare il Questore Paolo Passamonti, affinché questi riferisca i motivi dell’inspiegabile sparizione della contravvenzione per divieto di sosta emessa a suo carico nel 2011 dalla Polizia municipale di Pescara.

L’8 dicembre di quell’anno, infatti, la vettura di proprietà del Questore, posteggiata nello spazio riservato alla fermata dell’autobus in una via del centro di Pescara, veniva rimossa e veniva trasportata presso il deposito della polizia municipale locale.

Successivamente, però, lo stesso questore veniva autorizzato a riprendere possesso dell’auto senza corrispondere alcun importo né a titolo di sanzione amministrativa né per le spese di rimozione e deposito del mezzo.

La vicenda ha inevitabilmente generato il sospetto di un ingiustificato privilegio a favore del Questore Passamonti, dato che i proprietari delle altre tre vetture rimosse quello stesso giorno nelle medesime circostanze hanno dovuto pagare non solo la multa, ma anche le spese accessorie previste.

A marzo 2013, l’indignazione per l’accaduto ha indotto i cittadini pescaresi a presentare un esposto-denuncia ai Carabinieri per censurare l’operato della Polizia municipale e del Questore.

In seguito alla presentazione dell’esposto il Sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia, e l’assessore con delega alla Polizia municipale, Giovanni Santilli, hanno richiesto un chiarimento ufficiale al comandante dei vigili urbani, Colonnello Carlo Maggitti.

Detto chiarimento, ad oggi, non è stato ancora formalizzato e, mentre anche il questore Passamonti tace, le istituzioni sembrano essere inerti a dispetto dei diritti dei cittadini e del principio di uguaglianza costituzionalmente garantito.

Come se non bastasse, lo scorso 4 aprile la Procura della Repubblica di Pescara ha addirittura disposto la perquisizione dell’abitazione e dell’ufficio di Marco Patricelli, giornalista del quotidiano Il Tempo ed autore dell’inchiesta sulla «multa fantasma» di cui sopra. L’ipotesi di reato contestatogli è la violazione del segreto investigativo (articoli 114 e 329 del codice di procedura penale).

Tale iniziativa ci sembra assolutamente impropria, considerata la necessità di garantire adeguatamente la piena manifestazione della libertà di stampa, della libertà di espressione e del diritto di cronaca, imprescindibili baluardi della nostra democrazia e della lotta agli abusi di potere e alle prevaricazioni.