Riforma Consiglio Superiore della Magistratura, gli emendamenti che ho presentato.
Gli emendamenti da me presentati alla proposta governativa di riforma sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura, riprendendo i principi già contenuti in una mia recente proposta di legge in materia di composizione e funzionamento del CSM (A.C.1919), prevedono, in particolare, una radicale modifica delle norme legislative che ne regolano il sistema elettorale dei componenti e le modalità di esercizio delle funzioni, nel rispetto e nei limiti, della Costituzione.
Attraverso tali proposte emendative si intende, in primis, correggere le inaccettabili dinamiche proprie dell’attuale sistema di elezione dell’organo, così da garantire che quest’ultimo svolga la sua attività istituzionale, valorizzando i princìpi costituzionali di autonomia e di indipendenza della magistratura e, non di meno, del singolo magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, ponendolo così al riparo da qualsiasi pericoloso condizionamento esterno.
Per contrastare il fenomeno del correntismo e le conseguenti, gravi ed intollerabili storture al “sano”, libero ed efficace funzionamento del CSM, è necessario modificare radicalmente il sistema di individuazione dei componenti dell’organo, mediante l’introduzione del sistema del sorteggio in una fase antecedente a quella del procedimento elettorale, così da preservare il meccanismo costituzionale di elezione dei componenti, che non viene sostituito ma soltanto affiancato dal sistema proposto di selezione casuale dei candidati alla competizione elettorale.
L’individuazione dei 16 componenti togati del CSM avviene tramite elezione tra gli 80 candidati sorteggiati tra magistrati ordinari, appartenenti alle varie categorie, con almeno 10 anni di anzianità di servizio, previa verifica dei requisiti previsti di candidabilità ed eleggibilità.
Per quanto riguarda il sistema di elezione dei componenti non togati del CSM, con la mia proposta di riforma, l’individuazione degli 8 componenti previsti avviene sempre tramite elezione del Parlamento ma alla quale partecipano 40 candidati sorteggiati tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati aventi 15 anni di esercizio professionale.
Al fine di evitare pericolose ingerenze, commistioni o qualsiasi forma diretta o indiretta di controllo della politica su questo delicato organo di rilievo costituzionale, si prevedono importanti modifiche in materia di ineleggibilità, escludendo che i componenti non togati possano essere eletti anche tra i membri delle Camere, dei Consigli regionali, provinciali e comunali, della Corte costituzionale e del Governo.
La mia proposta mira a introdurre una nuova procedura che si articola attraverso 3 distinte fasi:
1) fase di manifestazione delle volontà a partecipare alla selezione;
2) fase del sorteggio;
3) fase elettiva.
Le proposte di modifica da me presentate intervengono, in sintesi:
a) sulla composizione del Comitato di presidenza e sulle modalità di formazione delle Commissioni interne al CSM, per garantire l’effettività del principio di rotazione delle nomine, nonché sulla composizione e sul riparto di funzioni all’interno della sezione disciplinare;
b) sulle attribuzioni in capo al Presidente del CSM, da una parte assegnando il compito di indire le elezioni dall’altra eliminando la facoltà di presiedere la sezione disciplinare;
c) sulla modalità di procedura di sorteggio da svolgersi entro i quattro mesi antecedenti la scadenza del precedente Consiglio;
d) nell’indicazione dei soggetti sorteggiabili e del tipo di procedura di sorteggio, nonché della non ammissibilità per il decennio successivo dei soggetti sorteggiati ma rinunciatari;
e) in materia di convocazione e svolgimento delle elezioni, riducendo da 60 a 30 i giorni antecedenti alla data di inizio delle votazioni il termine entro il quale il CSM convoca le stesse;
f) accordando, espressamente, al Giudice contabile la competenza giurisdizionale in materia di responsabilità amministrativa e contabile in capo ai componenti del CSM;
g) prevedendo una tutela di tipo impugnatorio, dinanzi al TAR, avverso i provvedimenti adottati dal CSM, mediante il rito abbreviato, ex art. 119 c.p.a., che consente una rapida decisione del ricorso;
h) in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei componenti del CSM;
i) riducendo i tempi previsti per emanare la legge delega.
La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha recentemente presentato ai capigruppo di maggioranza in Commissione Giustizia della Camera anche le proposte di riforma riguardanti il Consiglio Superiore della Magistratura, che rappresenta uno dei pilastri del “pacchetto” Giustizia, insieme ai disegni di legge che rivedono tempi e modalità del processo penale e civile.
Una parte importante della riforma della Giustizia, infatti, riguarda proprio il sistema elettorale e il funzionamento del CSM, l’organo di autogoverno della magistratura.
Per quanto riguarda il nodo dell’ingresso al CSM, come si evince anche dalle proposte governative depositate, il ministro Cartabia rimane ancora lontano dall’ipotesi del “sorteggio”, unica soluzione a mio avviso possibile per recidere o limitare il noto fenomeno del correntismo.
La proposta del costituzionalista Prof. Massimo Luciani, incaricato dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia a coordinare la Commissione che ha elaborato la proposta di riforma in materia, non convince, in quanto, lascia ancora troppo potere alle correnti nelle elezioni, nonostante il tentativo, vano ma apprezzabile, di frenare i noti fenomeni del “correntismo” e del “carrierismo”.
La Commissione ha proposto un sistema basato sul “voto singolo trasferibile”, che permette ad ogni toga di votare, esprimendo più preferenze e indicando anche l’ordine dei candidati, dove alla fine conta il “quoziente” tra il numero dei voti validi e quello dei seggi più uno, inoltre, ha proposto candidature individuali, e non di lista, per favorire chi non è legato alle correnti.
Tuttavia, soprattutto in collegi con corpi elettorali molto ristretti, diventa facile controllare capillarmente il voto, un fenomeno peraltro politicamente noto e già affrontato e superato con il referendum sulla preferenza unica del 1991.
Tali interventi governativi, pur rientrando nella ratio condivisibile di recuperare il rapporto fiduciario tra cittadini e una magistratura più indipendente, imparziale ed efficiente, garantendo il massimo pluralismo interno e il buon andamento dell’amministrazione della giustizia, non riescono veramente ad incidere lasciando così irrisolti molti dei nodi più urgenti.