Il Tribunale di Cagliari, con ordinanza del 9 novembre 2012 ha stabilito che l’Azienda Sanitaria Locale (ASL) e l’Ospedale Regionale per le Microcitemie di Cagliari, in persona del suo legale rappresentante, debbano eseguire, nell’ambito dell’intervento di procreazione medicalmente assistita, l’esame clinico e diagnostico sugli embrioni e trasferire in utero, qualora richiesto dalla donna, solo gli embrioni sani o portatori sani delle patologie da cui i genitori risultino affetti. La citata ordinanza ha disposto altresì che, qualora la struttura sanitaria pubblica si trovi nell’impossibilità di erogare la prestazione sanitaria tempestivamente in forma diretta, tale prestazione possa essere erogata in forma indiretta, mediante il ricorso ad altre strutture sanitarie.
È dunque lecito effettuare la diagnosi pre-impianto qualora “sia stata richiesta dai soggetti indicati nell’art. 14, 5° comma, Legge 40/2004 coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugati o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi, abbia ad oggetto gli embrioni destinati all’impianto nel grembo materno e sia strumentale all’accertamento di eventuali malattie dell’embrione per garantire a coloro che abbiano avuto legittimo accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita una adeguata informazione sullo stato di salute degli embrioni da impiantare.
Quanto espresso nell’ordinanza ribadisce i principi affermati dallo stesso tribunale di Cagliari e da quello di Firenze rispettivamente con la sentenza del 24 settembre 2007 e con l’ordinanza del 17 dicembre 2007. In quelle sedi, i ricorrenti avevano ottenuto che fosse dichiarato in via cautelare il diritto ad una diagnosi genetica pre-impianto al fine di trasferire e impiantare embrioni che non presentassero in forma conclamata la specifica patologia di cui erano portatori i genitori. Questi ultimi avevano ricevuto il rifiuto della struttura sanitaria alla diagnosi a seguito dell’entrata in vigore della Legge 40/2004 e delle Linee Guida sulla Procreazione medicalmente assistita di cui al decreto del Ministro della Salute del 21 luglio 2004. Sebbene non abbia riguardato direttamente il tema della diagnosi pre-impianto, va anche ricordata, per le argomentazioni e i principi desumibili, la sentenza della Corte Costituzionale dell’8 maggio 2009, n. 151, con la quale è stata, tra l’altro, dichiarata la incostituzionalità dell’art. 14, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. Nel giudizio di legittimità costituzionale, la Corte ha messo in evidenza come, dalla stessa legge n. 40 del 2004 si evinca che la tutela dell’embrione non è assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procreazione.
Successivamente, il Tribunale di Salerno, in data 9 gennaio 2010, ha ammesso con ordinanza la diagnosi pre-impianto sull’embrione anche per coppie fertili che presentino un rischio qualificato di trasmissione di malattie gravi e inguaribili. Lo scopo primario della diagnosi pre-impianto è infatti proprio quello di consentire ai genitori una decisione informata e consapevole in ordine al trasferimento degli embrioni ovvero al rifiuto di detto trasferimento. Ad oggi sono trascorsi otto mesi dalla pronuncia del Tribunale, ma l’Ospedale per le Microcitemie di Cagliari non ha ancora effettuato alcuna diagnosi pre-impianto e, nonostante i ripetuti solleciti, la ASL non ha ancora attivato alcuna convenzione per affidare gli esami ad una struttura sanitaria esterna, come prescritto dall’ordinanza stessa.
Con l’interrogazione a risposta scritta n. 4-01001 (leggi l’atto) abbiamo chiesto al Ministro della Salute se intenda accertare la mancata ottemperanza da parte dell’Ospedale per le Microcitemie e della ASL di Cagliari di quanto disposto dall’ordinanza del 9 novembre 2012 ed invitare dette strutture sanitarie a compiere tutti gli atti necessari per eseguire, senza ulteriore ritardo, gli esami diagnostici richiesti. Abbiamo anche chiesto al Ministro se ritenga di attivarsi perché siano assicurati su tutto il territorio nazionale i trattamenti medici previsti dalla Legge n. 40 del 19 febbraio 2004, al fine di garantire l’uguaglianza dei cittadini ed il fondamentale diritto alla salute, come previsto dagli artt. 3 e 32 della Costituzione.