Spett.le OCF,
Egregio Coordinatore Avv. Giovanni Malinconico,
in risposta alla Vostra comunicazione del 26 gennaio u.s., quale deputato promotore di molteplici iniziative legislative inerenti il settore Giustizia, agevolmente reperibili sui canali ufficiali della Camera dei deputati, anche se scarsamente considerate dalla maggioranza parlamentare, non potevo esimermi dal riscontrare le vostre rimostranze.
Condivido e sostengo la necessita di predisporre un ”Piano per la Giustizia” ma, più che straordinario, esso dovrà essere il più ordinario possibile poiché le politiche straordinarie, storicamente, hanno sempre fallito.
Al pari, condivido l’eccessiva inerzia e la mancanza di lungimiranza da parte del Ministero della Giustizia, troppo attento a seguire pedissequamente la burocrazia al punto da divenire miope dinnanzi alle problematiche del settore, accentuatesi con la pandemia, e tentando un approccio a macchia di leopardo.
Tuttavia mi permetto di dissentire in ordine alle vostre priorità di intervento, ritenendole superate e a tratti perigliose.
Assodato che la Legislatura in corso vanta il primato di aver espletato e di continuare ad espletare una serie di procedure concorsuali dopo anni di arresto, entro nel vivo della questione proprio partendo dal tema della prescrizione.
Riprendere le fila della questione equivale a perseverare con un sistema processuale lungo, macchinoso e svincolato dalle best practices adottate dagli altri stati occidentali, rispetto ai quali, prima dell’intervento normativo, noi risultavamo essere un unicum.
Rispetto alla separazione delle carriere, soprattutto in Italia, nutro seri timori che la Magistratura possa diventare uno strumento nelle mani del potere politico e i recenti accadimenti dovrebbero destare allarmi e inibire la reiterazione su questo tipo di riforma.
Anche rafforzare il ruolo dell’avvocato attraverso l’inserimento della figura professionale all’interno della Carta costituzionale, oltre a ritenersi pleonastico rispetto a quanto implicitamente riconosciuto dall’art. 24 della Costituzione, ritarda la discussione e il superamento delle vere criticità della professione.
Quello che auspico e che caldeggio attraverso gli strumenti politici è una modifica del processo civile improntata sulla semplificazione. Il che non vuol dire comprimere le tutele, i diritti, le finezze processuali bensì operare in modo mirato e scandire dei tempi brevi sfrondando la procedura di quell’eccesso che non avvantaggia le parti, anzi le scoraggia, e gli operatori del diritto senza eccezione alcuna.
Il vero pericolo, che leggo dalle pagine del Piano nazionale di ripresa e resilienza, discende dal voler continuare con le politiche fallimentari che hanno contraddistinto questi ultimi anni e che hanno comportato l’aumento delle materie delegate a giudici non togati e incentivato il ricorso alla sventurata esperienza della “degiurisdizionalizzazione” .
Ritengo, invero, che il modo migliore per incentivare le risoluzioni alternative delle controversie sia quello di potenziare la fase processuale .
Restando a disposizione per ulteriori confronti, anche mediante incontri aventi ad oggetto gli aspetti più vivi e le necessarie modifiche legislative, porgo i miei migliori saluti.
Avv. Dep. Andrea Colletti
Presidente collegio d’appello della Camera dei deputati