Un altro caso di spreco di denaro pubblico a vantaggio dei privati

La Asl di Avezzano-Sulmona-L’Aquila ha acquistato tramite un accordo privato senza bando pubblico – all’insaputa di tutti – un sistema diagnostico molto avanzato, comprensivo anche di Risonanza Magnetica a 3 Tesla.

La Asl ha giustificato l’accordo privato dichiarando che il bene aveva caratteristiche di unicità tecniche e di fornitura, ma in realtà non si è neanche preoccupata di verificare se esistessero macchinari alternativi a costi inferiori. Tra le alternative vi sono quelle fornite dalla Siemens o dalla Philips ovvero dall’HaiFu, già installate ed utilizzate, ad esempio, presso lo IEO di Milano.

Il Ministero della Salute aveva tra l’altro definito l’acquisto illegittimo poiché il sistema poteva essere acquistato solo dai centri di ricerca previsti (e la Asl non è un centro di ricerca). Visto il diniego del Ministero della Salute e visto che l’acquisto oramai era stato fatto, la Asl ha stipulato una Convenzione con il Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologiche dell’Università de L’Aquila.

Siccome la Convenzione stipulata sembra soltanto essere un modo per tentare di giustificare un acquisto illegittimo sviando la normativa in oggetto ed il diniego del Ministero della Salute ho depositato l’interrogazione parlamentare n. 5-02711 (leggi il testo) per chiedere al Ministero se vi sia stata un’autorizzazione successiva alla Asl – in contrasto con il precedente diniego – e, in caso contrario, l’opportunità politica ed economica di segnalare il fatto alla Corte dei Conti.

Sarebbe inoltre interessante che le procure abruzzesi verificassero quali sono le società che fanno da intermediari tra aziende che producono e Asl o medici delle Asl acquirenti. Non è mai troppo tardi, prescrizione permettendo.


D’Alfonso, una candidatura sempre più controversa

In base ad un codice etico per promuovere la cultura della legalità e della trasparenza negli enti locali, sottoscritto da Luciano D’Alfonso, questi dovrebbe dimettersi un istante dopo la sua, eventuale, elezione come presidente della Regione Abruzzo, dato che risulta ad oggi imputato per corruzione nel processo “Housework”. Come se ciò non bastasse emerge un’altra questione in grado di porre serie perplessità sulla candidatura di D’Alfonso.

Il 15 febbraio 2008 la Procura della Repubblica di Pescara aveva sequestrato nell’ufficio dell’imprenditore Di Nardo un dossier relativo alla «Suprema Militia Equitum Templi», un’associazione di cui non risultano chiari gli obiettivi e non si comprende se sia paragonabile ad una loggia massonica ovvero ad una associazione di promozione sociale. Nel dossier veniva trovata una lettera in cui Di Nardo era nominato “commandeur” per la Regione Abruzzo e 2 elenchi di nominativi:
in uno dei due elenchi si trovavano nominativi di imprenditori, politici, militari, giudici e professionisti, fra cui Luciano D’Alfonso e il suo braccio destro, Guido Dezio. Nel fascicolo della procura della Repubblica di Pescara mancherebbe il secondo elenco di nominativi che non è mai stato, purtroppo, sequestrato.

Il primo elenco è stato recentemente recuperato dalla polizia giudiziaria in quanto contenente anche il nome di Angelo Radoccia, classificato nella lista stessa come magistrato. Ciò che desta stupore è infatti che l’unico Radoccia magistrato in Abruzzo si chiama Italo e che, soprattutto, è il giudice che pochi mesi fa ha assolto D’Alfonso dall’accusa nel processo di Ecosfera.

Al fine di fare chiarezza e di individuare potenziali pericoli per la pubblica sicurezza e il buon andamento della pubblica amministrazione, ho depositato l’interrogazione a risposta orale n. 3-00782 (leggi il testo) per chiedere al Ministro dell’Interno di rendere noti gli obiettivi e le iniziative della «Suprema Militia Equitum Templi» e soprattutto i suoi affiliati (compresi quelli del secondo elenco mancante), le loro relazioni, più o meno vaste e più o meno in conflitto d’interesse, nonché per sollecitare il Ministro della giustizia a promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari eventualmente interessati.

Nel frattempo, oggi è uscito su Il Fatto Quotidiano un articolo basato sulla mia interrogazione. Da notare che l’unica testata che, a suo tempo, ha parlato della questione fu PrimaDaNoi.it primo quotidiano on line per L’Abruzzo e nessun altro.


Processo sui concorsi truccati a Montesilvano: la prescrizione aiuta tutti, tranne la verità

È passato quasi un anno da quando ho presentato una proposta di legge sull’istituto della prescrizione del reato (leggi il testo), ma il governo dell’inciucio è più interessato a promettere che a prendere provvedimenti. Si continua ad intervenire sugli effetti, ma non sulle cause della lentezza processuale. In questo modo non si risolve niente.

Prendiamo un caso concreto: ci sono voluti 6 anni di indagini per arrivare al rinvio in giudizio di gran parte degli indagati sui presunti concorsi truccati banditi dal Comune di Montesilvano a novembre del 2007. Fra le persone in attesa di giudizio vi sono il consigliere regionale del Pdl, Lorenzo Sospiri, l’ex sindaco di Montesilvano, Pasquale Cordoma, l’ex assessore provinciale di Pescara, Roberto Ruggieri. Con un tale trascorso di tempo è inevitabile che gran parte dei reati contestati – fra cui rivelazione di segreti d’ufficio, concorso in tentata truffa aggravata e concorso in induzione al falso – si prescriva prima di poter arrivare alla sentenza di primo grado e in questo modo viene meno il diritto fondamentale dei cittadini di controllare l’operato degli amministratori della res publica.

I politici coinvolti nell’inchiesta per i presunti concorsi truccati a Montesilvano nel 2007 dovrebbero rinunciare alla prescrizione. Così potrebbero dimostrare la propria innocenza nelle aule del tribunale senza bisogno di avvalersi di “cavilli giuridici”.

Nel frattempo, siccome sappiamo già che ciò non succederà, ho presentato l’interrogazione n. 5-02504 al Ministro della Giustizia (leggi il testo) per chiedere se abbia intenzione di velocizzare concretamente l’iter processuale a livello penale, utilizzando ad esempio la mia proposta di legge sull’istituto della prescrizione del reato.

Non è mai troppo tardi per ascoltare le proposte del M5S e tutelare i diritti dei cittadini.


Aeroporto d’Abruzzo: aumentano i passeggeri, diminuisce la sicurezza

Nell’ambito del piano di razionalizzazione dei presidi territoriali il Ministro dell’Interno è intenzionato a chiudere l’Ufficio di Polizia di Frontiera Aerea e Marittima di Pescara: una scelta unica nel panorama nazionale e senza senso.

Il numero dei passeggeri dell’aeroporto internazionale d’Abruzzo è in costante crescita ed è passato dai 302mila passeggeri del 2003 ai 548mila del 2013. Questo aumento testimonia il forte interesse verso la nostra Regione, ma al Ministro dell’Interno ciò non interessa e con la sua azione sta per rendere vani tutti gli sforzi che abbiamo fatto in questi anni per promuovere le tante bellezze della nostra terra.

La presenza dei presidi di Polizia negli aeroporti internazionali italiani è necessaria per soddisfare i requisiti di sicurezza richiesti da normative europee e nazionali e la mancanza della Polizia di Frontiera all’aeroporto internazionale d’Abruzzo potrebbe comportare il declassamento o la chiusura dello scalo a seguito dei controlli di team ispettivi nazionali ed europei volti ad accertarne l’idoneità degli standard di sicurezza.

Tutto ciò comporterebbe un rischio economico ed occupazionale per tutto l’Abruzzo, per non parlare dei danni al turismo. Alla mancanza dell’aeroporto seguirebbe difatti un inesorabile crollo a picco del numero di turisti stranieri. Sentiamo spesso parlare della necessità di valorizzare il nostro territorio, ma nei fatti il disinteresse del governo è sempre più evidente.

Tra l’altro, paradossalmente, non vi sarebbero significativi risparmi dato che la Polizia di Frontiera è ospitata a titolo gratuito dalla Società SAGA e dalla Capitaneria di Porto e che le autovetture, i mezzi e la strumentazione tecnica sono forniti gratuitamente al Ministero dell’Interno dall’Agenzia Europa per le Frontiere e non sono utilizzabili per altri servizi.

Per tutti questi motivi ho depositato l’interrogazione parlamentare n. 5-02413 indirizzata al Ministro dell’Interno per chiedergli di rivalutare l’opportunità politica ed economica di chiudere l’Ufficio di Polizia di Frontiera Aerea e Marittima di Pescara (leggi testo).

Nel frattempo non rimane che chiederci una cosa: ma il governo dell’inciucio quando taglia, taglia a occhi chiusi solo per poter dire in giro “abbiamo le risorse per le riforme”?


Neurochirurgia-Pescara: troppe infezioni, pochi controlli

Il reparto di neurochirurgia dell’Ospedale civile di Pescara dispone di un’unica sala operatoria.

Nel luglio del 2013, all’esito di un’ispezione effettuata dal Nucleo antisofisticazioni e sanità (NAS), il Coordinatore dei Presidi Ospedalieri della ASL di Pescara ha disposto la chiusura di tale sala operatoria in quanto non conforme alle norme vigenti in materia igienico-sanitaria.

In parallelo, la Procura della Repubblica di Pescara ha avviato un’indagine penale in seguito all’elevato numero di decessi ed infezioni contratte sul sito chirurgico in questione. Risulta infatti che all’interno del reparto di neurochirurgia non vengano rispettate le elementari regole di condotta volte a prevenire l’insorgere di infezioni. Ad esempio, non viene osservato l’orario di visita e spesso viene lasciata aperta la porta di accesso al reparto. Non vi sono peraltro disposizioni sulla disinfezione né sono presenti stanze post-operatorie. C’è anche chi sostiene che il responsabile del reparto abbia omesso la comunicazione di alcuni casi di infezioni avvenute nel sito chirurgico, contravvenendo a quanto disposto dalla delibera ASL n. 675 del 25 giugno 2012.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5-02185 del 17 febbraio scorso (leggi il testo), abbiamo chiesto al Ministro della Salute se sia a conoscenza di questa grave situazione e se intenda al riguardo assumere iniziative, nell’ambito del SiVeAS (Sistema nazionale di Verifica e controllo sull’Assistenza Sanitaria), volte ad accertare che siano assicurati adeguati livelli di sterilizzazione e sanificazione degli ambienti operatori e postoperatori del Reparto di Neurochirurgia dell’Ospedale civile di Pescara.


Avevamo ragione noi: il decreto carceri libera i mafiosi

Nicola Ribisi, trentaquattrenne di Palma di Montechiaro (AG) è stato condannato nel 2009 a 5 anni e 4 mesi di reclusione per associazione di tipo mafioso assieme allo zio Ignazio Ribisi, già ergastolano per delitti di mafia ed intento a dirigere dal carcere le attività illecite della famiglia.

Le indagini avevano trovato riscontro nelle dichiarazioni dei pentiti Giuseppe Sardino e Maurizio Di Gati. Secondo Sardino, Nicola Ribisi sarebbe stato il braccio destro del boss Giuseppe Falsone, all’epoca numero uno di cosa nostra ad Agrigento.

All’inizio di gennaio 2014, il magistrato di sorveglianza di Agrigento ha accolto l’istanza di liberazione anticipata “per buona condotta” presentata dal difensore di Ribisi, ed ha concesso il beneficio introdotto dall’articolo 4 del decreto-legge n. 146 del 23 dicembre 2013 (il cosiddetto «svuota carceri») che prevede uno sconto di pena di cinque mesi per ogni anno di condanna da scontare in carcere. Grazie a questo sconto, dunque, Nicola Ribisi, esponente della mafia di Agrigento, è tornato anticipatamente in libertà.

Con l’interrogazione n. 5-01965 del 22 gennaio 2014 (leggi il testo) abbiamo allora chiesto al Ministro della Giustizia di riferire il numero ed i nomi dei condannati ex articolo 416-bis del codice penale («Associazione di tipo mafioso») che hanno ottenuto in passato la liberazione anticipata ex articolo 54 dell’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 26 luglio 1975) e il numero di quelli che ne avrebbero beneficiato grazie all’aumento dello sconto introdotto dal decreto Svuota-Carceri, nonché quanti condannati per mafia sarebbero usciti in queste settimane grazie allo stesso decreto.

Il Ministro, naturalmente, non ha risposto alle nostre domande. Come si legge nel documento che riporto qui sotto, “non risulta possibile rilevare il dato desiderato che dipende dall’esito delle istanze di liberazione anticipata presentate alla magistratura di sorveglianza: non è possibile, peraltro, conoscere rispetto a quali periodi la stessa sia stata concessa“.

Quindi, se abbiamo capito bene, il Governo emana un provvedimento sulla base di informazioni che non ha e che non è possibile ottenere. Nel frattempo, l’unica certezza riguarda la scarcerazione anticipata di mafiosi come Ribisi e di molti altri criminali.


Autostrade a peso d’oro: chi ci guadagna?

A partire dal 1 gennaio 2014 le tariffe applicate dalla “Strada dei Parchi Spa”, società del Gruppo Toto Holding che gestisce i collegamenti autostradali A24 e A25 (Roma – L’Aquila – Teramo – Chieti – Pescara), hanno subito un aumento astronomico, ben l’8,28%.

Tale aumento, regolato dalla Convezione stipulata tra la società di gestione ed Anas, è stato disposto dal Decreto Interministeriale (Ministero dell’Economia e Ministero dei Trasporti) n. 486 del 31 dicembre 2013.

Secondo quanto stabilito dalla Delibera CIPE n. 38 del 2007, i proventi dei pedaggi autostradali sono destinati al recupero degli investimenti – già effettuati o da effettuare – e al sostegno delle spese di gestione, manutenzione ed ammodernamento della rete. Le tariffe si formano previa verifica da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sugli investimenti realizzati dalla società di gestione. Negli ultimi anni, il pedaggio sulle autostrade A24 e A25 è cresciuto in misura continua e rilevante. Nel 2008 si è registrato infatti un + 2,4% mentre dal 1 gennaio 2010 un ulteriore +4,78% e l’anno successivo un altro +8%. Poi ancora un +8,06% nel 2012 ed ancora un +6% nel 2013, fino ad arrivare al +8,28% di quest’anno.

L’Ing. Cesare Ramadori, Amministratore Delegato di “Strada dei Parchi Spa”, ha dichiarato che il rincaro delle tariffe del 2014 è dovuto per un buon 50% alla necessità di finanziare i lavori di costruzione delle cosiddette “complanari” del tratto romano dell’autostrada A24 per dare respiro al traffico in entrata e in uscita dalla Capitale. Nonostante tale incidenza rilevante degli investimenti destinati alla parte romana del tracciato, gli aumenti tariffari hanno riguardato indistintamente e in egual misura tutto il percorso della A24 e della A25, fino a L’Aquila, Teramo e Chieti-Pescara;

Dal momento che l’onere a carico di chi fruisce dei collegamenti autostradali tra Lazio e Abruzzo sta diventando un autentico salasso per i cittadini, soprattutto lavoratori pendolari, e per le imprese locali già duramente colpite dalla crisi, abbiamo presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti quali verifiche siano state effettuate sugli investimenti compiuti dalla società di gestione “Strada dei Parchi Spa” negli ultimi 6 anni, quali e quanti accertamenti abbiano riguardato la congruità dei prezzi fissati negli appalti affidati dalla concessionaria alle altre società del Gruppo Toto Holding (i cosiddetti “affidamenti intragruppo”) e quale giustificazione abbiano avuto, anno per anno, gli aumenti tariffari applicati alle autostrade A24 e A25 nello stesso periodo.

Abbiamo anche chiesto al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e al Ministro dell’Economia e delle Finanze di emanare con urgenza un nuovo atto interministeriale volto a diminuire/azzerare i rincari di cui al Decreto n. 486 del 31 dicembre 2013 o quantomeno a diversificarli a seconda del tratto autostradale interessato e della diversa distanza (e dunque beneficio ricevuto) dall’ampliamento del tratto romano della A24.

Un ultimo quesito è stato rivolto ai ministri in merito all’intenzione di promuovere a livello nazionale, di concerto con Anas e con le diverse società di gestione, la definizione di forme di abbonamento, sconti o riduzioni tariffarie a beneficio di quanti, cittadini o imprese, si trovino a viaggiare frequentemente in autostrada e ad affrontare una spesa oggi divenuta insostenibile.

Qui di seguito il testo completo dell’interrogazione


Barriere architettoniche: niente fondi, lo Stato latita

Il 4 settembre 2013 il quotidiano locale abruzzese “Il Centro” ha pubblicato la storia della signora Susanna Bultrini, 49enne di Pratola Peligna (L’Aquila) che da 17 anni è affetta da sclerosi multipla. La signora Bultrini vive da 20 anni a Cremona, ma a causa dell’aggravarsi della sua malattia, ha deciso di tornare nella sua cittadina di origine dove potrà contare sull’aiuto di alcuni parenti.

La casa di Pratola Peligna ha una scalinata che impedisce alla signora di accedere liberamente nella sua abitazione. La signora Bultrini si è rivolta all’Ufficio tecnico del Comune di Pratola per ottenere il contributo previsto dalla Legge n. 13 del 9 gennaio 1989 (“Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”) che le consentirebbe di far installare un piccolo ascensore dal costo di 12mila euro.

Il responsabile dell’ufficio l’ha informata che non avrebbe ottenuto il finanziamento pubblico né da parte della Regione Abruzzo né da parte della Provincia dell’Aquila, dal momento che tali enti non hanno fondi disponibili per tali scopi.

In merito a questa vicenda, abbiamo chiesto al Comune di Pratola Peligna, alla Provincia dell’Aquila e alla Regione Abruzzo in che modo fosse possibile reperire le risorse necessarie per risolvere il problema della signora Bultrini.

Il Comune e la Provincia ci hanno risposto che la questione è di esclusiva competenza regionale e così, in data 10 settembre 2013, abbiamo interpellato, attraverso il competente Servizio per l’edilizia residenziale, l’Assessore ai Lavori pubblici della Regione Abruzzo.

Ad oggi, trascorso un mese dalla nostra richiesta, l’Assessore non ci ha ancora fornito alcuna risposta.

Da alcune ricerche in Rete abbiamo comunque appreso che, a partire dall’anno 2000, il Fondo speciale previsto dalla legge n. 13 del 1989 per il superamento e la rimozione delle barriere architettoniche non viene più alimentato dallo Stato, fatta eccezione per un’esigua quota di risorse finanziarie affluenti al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. Proprio per tali ragioni, da anni, le Regioni non sono più in grado di soddisfare alcuna richiesta di finanziamento di interventi rivolti all’eliminazione e al superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5-01154 dell’8 ottobre 2013 (leggi il testo) abbiamo allora chiesto al Governo di esprimersi in merito all’urgente rifinanziamento del Fondo speciale per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche istituito dalla Legge n. 13 del 9 gennaio 1989.

È infatti necessario dotare le Regioni di adeguate risorse finanziarie affinché queste possano erogare i contributi richiesti per gli interventi di rimozione e superamento delle barriere architettoniche e garantire così ai cittadini invalidi e ai portatori di handicap il diritto ad un’esistenza dignitosa.

Il Governo, a questo punto, ci risponderà?


Phard di Mosciano: da un anno senza Cassa Integrazione

In seguito alla cessazione parziale dell’attività del suo stabilimento di Mosciano Sant’Angelo (Teramo), la Phard Spa, società operante nel settore dell’abbigliamento tessile, ha avviato nel corso del 2011 una procedura di mobilità che si è conclusa con un accordo sottoscritto dalle parti sociali in data 6 dicembre 2011 presso la provincia di Teramo. Tale accordo prevede il ricorso allo strumento della Cassa integrazione guadagni straordinaria per 60 addetti allo stabilimento, per la durata di 24 mesi a partire dal 12 dicembre 2011.

Il 22 dicembre 2011 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alla presenza delle parti sociali interessate, ha autorizzato la Cassa integrazione guadagni straordinaria per i dipendenti della Phard ed ha approvato un piano di interventi per la gestione delle eccedenze occupazionali dell’azienda. In quella stessa data, la regione Abruzzo e la provincia di Teramo si sono impegnate a promuovere azioni di riqualificazione e ricollocazione dei lavoratori espulsi dai processi produttivi, secondo le modalità richieste dal Fondo sociale europeo.

Contrariamente a quanto stabilito in sede ministeriale il 22 dicembre 2011, i lavoratori sospesi hanno percepito la cassa integrazione per il solo primo anno, fino al dicembre del 2012, e si sono pertanto trovati privi di reddito a partire dal gennaio del 2013. A causa dell’inaspettato e prolungato blocco della Cassa integrazione guadagni straordinaria gli ex-dipendenti della Phard e le loro famiglie versano attualmente in condizioni di gravissima difficoltà economica.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5-01098 (leggi il testo) del 30 settembre scorso abbiamo chiesto al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali se sia sua intenzione disporre con urgenza l’erogazione della seconda annualità (gennaio-dicembre 2013) della Cassa integrazione in favore degli ex-lavoratori dello stabilimento Phard di Mosciano Sant’Angelo (Teramo), così come stabilito nell’accordo sottoscritto con le parti sociali il 22 dicembre 2011.

Abbiamo anche chiesto al Ministro di convocare tempestivamente un tavolo di concertazione tra la regione Abruzzo, la provincia di Teramo ed i rappresentanti sindacali interessati perchè i lavoratori ex Phard siano al più presto ricollocati presso aziende operanti in settori affini nel territorio abruzzese.


Alfano junior: c’è Posta per lui

Nell’anno 2009, Alessandro Antonio Alfano, fratello minore dell’On. Angelino Alfano, Segretario del Popolo della Libertà nonchè attuale Ministro dell’Interno e Vicepremier del Governo Letta, ha conseguito la laurea in economia e finanze, ma già nel 2008, ancora privo di titolo, è stato docente del laboratorio di «Principi e strumenti di marketing» presso la facoltà di comunicazione dell’università di Roma «La Sapienza».

Nel 2010 al dottor Alfano è stata contestata la veridicità di alcuni punti del curriculum vitae presentato per partecipare al concorso – poi vinto – per un posto di segretario generale della camera di commercio di Trapani. In quell’occasione, le forze dell’ordine sequestrarono la documentazione relativa al concorso. Il dottor Alfano lasciò il posto di segretario generale dopo circa un anno per presunte cause «di forza maggiore».

Ad agosto 2013, la vicenda è stata anche oggetto di un’interrogazione parlamentare, tuttora rimasta inevasa, presentata dal deputato del gruppo Sinistra Ecologia e Libertà, Erasmo Palazzotto.

All’inizio di settembre 2013, Alessandro Alfano è stato nominato, senza concorso, dirigente di «Postecom» società di servizi internet del gruppo Poste Italiane partecipato al 100 per cento dal Ministero dell’economia e delle finanze, e avrà diritto ad uno stipendio annuo di oltre centomila euro.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5-01035 del 17 settembre 2013 (leggi il testo), abbiamo domandato al Ministro dell’Economia e delle Finanze se fosse a conoscenza della nomina del dottor Alfano a dirigente di Postecom ed se tale nomina fosse avvenuta in seguito ad una scrupolosa valutazione del curriculum vitae del candidato e/o all’esito di una comparazione tra diversi profili professionali idonei a ricoprire quell’incarico dirigenziale.

Desideriamo sapere anche se, nell’ottica di contenimento delle spese delle società a parziale e totale partecipazione pubblica, tale nomina sia assolutamente necessaria e quali siano le motivazioni che hanno portato il management di Postecom a tale scelta irrinunciabile.

In caso di nomina illegittima, abbiamo chiesto al Ministro di inviare un dettagliato esposto alla competente Corte dei Conti e di prendere contestualmente adeguati provvedimenti nei confronti dei dirigenti della società Postecom.